ISTITUZIONE DEL PREMIO

l Premio “Pietrasanta e la Versilia nel mondo” nasce nel 1991 per un’intuizione di alcuni soci, ispirati dalla numerosa colonia di scultori italiani e stranieri che, allora come adesso, soggiornano a Pietrasanta.
Le motivazioni che ne hanno portato all'istituzione, sono da ricercarsi nella vocazione artigiana di questa terra per la scultura.

Nelle botteghe polverose degli artigiani locali si lavorano il marmo, il bronzo e il mosaico. Qui hanno trovato ospitalità sia grandi Maestri di fama internazionale, sia giovani artisti. Ciò che li accomuna è la convinzione di trovare negli artigiani di Pietrasanta quella competenza in grado di rendere possibili le proprie intuizioni. L'intendimento del riconoscimento era: celebrare l'artista, che con la sua opera ha saputo far conoscere il nome della nostra città in tutto il mondo, per rendere omaggio all'opera ineguagliabile degli artigiani locali e  alla terra da cui hanno tratto il loro sapere nel solco della storia e delle tradizioni.
Dunque l’assegnazione del premio ogni anno tende a ribadire ed esaltare la totale sinergia dell’artista con la realtà artigianale che contraddistingue la Versilia e Pietrasanta.


Testimonianze

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Non si sono trovate testimonianze che nella seconda metà del Settecento e nei primi quaranta anni dell’Ottocento si lavorasse il marmo in Pietrasanta. Anzi ne sono state trovate che affermano il contrario.
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Pietrasanta poté avere un nucleo di artigiani capaci di lavorare il marmo verso il 1860, in seguito all’istituzione di un apposita scuola, avvenuta nel 1842, con insegnante e primo direttore il (Vincenzo) Santini predetto.
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Fu scritto che l’iniziativa voleva «gettare le basi di un migliore avvenire sperabile in questa città [...]». Si sperava, cioè, di avviare Pietrasanta verso un’attività che fornisse nuove risorse economiche.
Certi ambienti pietrasantesi, invece, si lusingarono della nuova scuola e pensarono di darle un carattere di accademia per alimentare delle ambizioni artistiche, ma il Santini, animato da un saggio spirito pratico, sostenne per fermo il principio che essa doveva formare delle maestranze capaci di lavorare il marmo. Fu interpellata la personalità che aveva consigliato il Governo ad istituire la scuola, ed essa il 18 ottobre 1843 rispose: «Lo spirito di questa istituzione è di favorire l’industria dei marmi, di richiamare le commissioni che ora si dànno a Carrara di sbozzare statue, di far caminetti e diversi membri di architettura e di ornativa [...]»
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A sostegno di questa tesi, il «Giornale del Commercio» del 18 ottombre 1845 pubblicò un articolo del Dott. Giovan Battista Masini, nel quale, fra l’altro, si diceva: «Un Tiziano, un Raffaello farebbero certamente di Pietrasanta la terra più gloriosa dell’Universo, ma non costituirebbero un paese felice, prospero, industrioso. Cento lavoranti di marmi per architettura, ornato, figura, sbozzatura formerebbero invece un’industria permanente, collegata alle nostre condizioni geologiche: insomma formerebbero una ricchezza nostra, ed a questo dobbiamo tendere a costo di qualunque sagrifizio».

Danilo Orlandi, La Versilia nel Risorgimento, pp.111,112 - Edizioni “Versilia Oggi”, Roma 1976


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In molti musei del mondo, le sculture appaiono come relitti di un succedersi ininterrotto di naufragi, di cui sappiamo poco, a volte niente. Il visitatore, spesso, non sa neppure di quale materiale sono fatte, e i musei trascurano di informarlo. Il corredo museografico è molto avaro e la regola d’oro del mistero, del silenzio, è imposta alle statue, congelate nella loro impenetrabilità. Tutto ciò ha reso il linguaggio della scultura difficile da comprendere per i più, ma anche per gli specialisti, gli studiosi, gli storici dell’arte, che pure dovrebbero fondare il loro sapere sulla conoscenza approfondita delle tecniche e dei rapporti produttivi delle sculture, oggetti materiali, in primo luogo, del loro ricercare. Ciò viene trascurato, quasi con disdegno, con indifferenza, e ci si accontenta di illazioni e arbitrii “estetici”, di sterili catalogazioni storiografiche, d’interpretazioni e manipolazioni azzardate, se non fraudolente.
Mi rendo conto che la creazione di una storia della cultura materiale universale comparata della scultura comporterebbe immense difficoltà ed energie, pure nell’età del computer, lo sforzo congiunto, multidisciplinare, di tanti studiosi. Ma a chi può sfuggire l’importanza di una tale eventualità, che produrrebbe effetti vivificanti su tante altre discipline? Anche fuori della storia dell’arte, degli studi umanistici.

Abbandoniamo i sogni futuribili e torniamo alla nostra “riserva di bisonti”, in Versilia.
Ancora oggi nella statuaria o in quel che ne resta, di tipo funerario o religioso, il finitore, l’ornatista, che eseguono i particolari più delicati delle statue, come i capelli, i tratti del viso, le mani o le pieghe delle vesti, non sono addetti al lavoro di sbozzatura o di preparazione della statua devozionale, che altri scalpellini di bottega eseguono prima del loro finale intervento. Ma la statuaria oggi è in grande crisi ed ormai caduta quasi in disuso e queste divisioni sono quasi scomparse, anche perché sempre meno presente è la figura dell’apprendista, del giovane garzone di bottega, oggi quasi del tutto scomparsa o rarissima. Ciò vuol forse già dire che quelle che facciamo sono le ultime sculture di pietra e che, nel futuro, lo scultore dovrà lui medesimo eseguirle, le sue opere, senza più alcun aiuto?
Molte cause lontane e vicine nel tempo, concorrono a determinare lo stato oggettivo dell’attuale crisi che è scoperta e visibile, come l’assenza dei giovani apprendisti, nei laboratori di Versilia.

Giò Pomodoro, Omaggio ai maestri scalpellini di Versilia (Riflessioni sulla lavorazione del marmo nelle Alpi Apuane e in Versilia), pp.11,12 - Design Costa / Stampa Compfoto - Milano, Giugno 1989 (In occasione della Mostra antologica alla Rotonda della Via Besana)

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