Egr. Dott. Mariani

Come da Lei gentilmente richiesto, Le invio la documentazione riguardante il monumento che mio marito Carlo Sergio Signori dedicò ai Fratelli Rosselli nel 1946-1949 e che fu definito, quel tempo, il primo monumento astratto creato da un artista in Europa.
Le allego inoltre una biografia di Carlo e un estratto relativo alla vicenda del monumento che insieme al Dott. Attilio Fornoni abbiamo registrato dalla viva voce di Carlo mentre raccontava con grande emozione quali sentimenti provava nel creare questa opera elevata a Baguale-de-l’Orne nel 1949.

Cordialmente
Fumiè Kakinuma Signori


LA MOSTRA “SCULTORI ITALIANI A PARIGI” – FONDAZIONI ALDO FURLAN 1993

Nel 1963 in Giappone, fu organizzato un simposio al quale parteciparono scultori contemporanei di sei paesi. L’Italia era rappresentata dallo scultore Carlo Sergio Signori.

Ammirando le sue opere (che ricordano in parte lo spirito dell’arte orientale, da cui io provengo) provai una grande emozione e capii di aver trovato finalmente il mio amore.

Le sue sculture, rispettando la materia in ogni parte, hanno forme monumentali di misteriosa e commovente grandezza e inducono ad una calma e ad una elevata meditazione fino a raggiungere un dialogo immenso nel profondo silenzio.

Signori aveva vissuto a Parigi 50 anni e si era formato una cultura francese, erano passate due guerre e alla fine della seconda si pose la questione di lasciare un ricordo indelebile nel cuore dell’ambiente dell’emigrazione antifascista e precisamente sul luogo ove vennero assassinati i fratelli Rosselli. Fu così che per la prima volta venne a contatto con Carrara e con il marmo.

«Le sue sculture sono la dimostrazione più assoluta dei principi estetici di Signori – scrisse Giuseppe Marchiori – particolarmente delle sue idee sulle opere monumentali, concepite al di fuori della magniloquenza retorica, nell’umane dimensioni della vera grandezza.

Basti l’esempio del bozzetto per il monumento ai fratelli Rosselli, ispirato da una pietas antica, come immagine simbolica del sacrificio e della morte, nelle pure forme, che esprimono una sorta di velata dolcezza, di sofferta spiritualità.»

Era la prima scultura astratta che si vedeva e alla quale si lavorava; così scrisse Signori: «È facile immaginare le contumelie delle quali fui oggetto, ma per me il marmo fu vera folgorazione. Sentii che in questa meravigliosa materia, negletta e disprezzata in quel tempo a causa delle marmoree interferenze del fascismo, avrei potuto trovare il mio vero mezzo di espressione.

Il marmo lo si vedeva in tutta la città sotto la forma di lastroni in vari colori ed è così che pensai di “rompere l’uovo di Brancusi” nel quale era costretta la scultura non figurativa del tempo. Nacquero così le mie prime sculture piatte in marmi colorati che mi permisero di introdurre i trascorsi pittorici nelle forme scultoree».

Ora, trascorsi 5 anni dalla sua scomparsa, dentro il suo studio, io sento la sua presenza ed anche le sue forme nell’interno che hanno trasformato gli elementi dell’arte greca classica o etrusca.

Fumiè Kakinuma Signori. 1993


dal 18.10.1984

ad opera di Emilio Tolaini, Mina Russoli Tolaini, Fumie Kakinuma Signori, sono state registrate numerose bobine di conversazioni di Carlo Sergio Signori sulla sua vita artistica e umana. Il trascritto è un estratto, relativo alla vicenda enucleato con la vedova Signori e dr, Attilio Fornoni che ha cercato di rispettare il linguaggio colloquiale ed emozionato del C.S.Signori che racconta.

La prima scultura astratta che ho fatto fu il monumento ai Fratelli Rosselli. [...]

E la storia del monumento ai Rosselli è una cosa nel fondo abbastanza strana, perché il Comitato di Liberazione, nelle persone di quelli di Giustizia e Libertà, ricevette una lettera di Lionello Venturi nella quale il Venturi diceva: “io sono sempre convinto che un ricordo una memoria, bisognerà pure mettere a Bagnoles-de-l’Orne per i fratelli Rosselli e dunque bisognerebbe chiedere a uno scultore importante”, parlava di Lipchitz, parlava persino di Picasso, di qualche altro, i due che ora ricordo son questi. Ed allora quello che aveva ricevuto la lettera e non sapeva quasi neanche chi fosse Picasso né chi fosse Lipchitz, mi disse, ma sai guarda Lionello Venturi cosa dice pensaci tu, cosa vuoi fare, si dovrebbe fare, ed io ne parlai a Severini, e con Zuffi, scenografo, pittore, molto vitale, un emiliano, che disse: “ma nel fondo bisognerebbe fare «una pietra miliare»; allora questa parola «pietra miliare» mi venne in testa, mi rimase in testa, e cominciai con la creta; per che è una cosa che non ha figura, che non ha niente, ed è così che venne fuori il primo bozzetto del monumento ai Rosselli [...]. Quando andai a Roma la prima volta, andai da Lionello Venturi naturalmente, quando Lionello Venturi vide quel primo progetto mi disse: “meno male, meno male, guardi avevo sempre una paura tremenda, sono proprio contento”.

Ci fu un concorso a Parigi e i giurati di questo concorso furono Severini naturalmente, lo scultore Adam che era molto in auge in quel tempo, l’architetto Vedrès Marcel Pagliero, il regista, e F.Zanardelli, rapresentanti le Comitè des Amis de Rosselli.

Fu deciso dagli altri scultori che erano a Parigi. Dicevano ma perché Signori e non noi? (in un primo tempo avevano dato l’incarico a me) ma poi intervennero questi scultori dicendo che non era giusto, che bisognava fare un concorso, ma sai, non è che i concorrenti fossero molto numerosi [...].
[...]

Allora se si vuole dare una figurazione anche a questo monumento, ti ricordi c’è come una colonna, e ho pensato questo “è Nello che è uno studioso, invece Carlo con un certo movimento in avanti, per avere un certo dinamismo, una necessità plastica senza perdere di vista il simbolo che bisognava pur dare al monumento, che poi, più che monumento è una stele.
[...]

Il modello definitivo lo feci a Carrara [...].

La lettera di presentazione per Carrara che avevo era per Meschi, segretario della Camera del lavoro, un vecchio anarchico, guerra di Spagna, e faceva un giornale che si chiamava “Il Cavatore”.

Meschi lottò tutta la sua vita (non era un carrarese, era uno spezzino) per migliorare la vita dei cavatori, tanto che gli hanno fatto un bruttissimo monumento nel giardino di Carrara.

Al primo incontro col Meschi dissi, ma il marmo, dov’è? Allora mi prese per mano, si avvicinò alla finestra e mi disse: “Vedi dov’è il marmo? è lassù. Da lassù bisogna che venga giù”

Soldi non ce n’erano, m’avevano dato 10’000 lire per venir a Carrara fare questo monumento…

Ed io ricevevo la posta alla camera del lavoro e quasi ogni mattina vi andavo per vedere se c’era posta…Marmo non ce n’è. Ma c’era, il problema del mangiare: io avevo le scarpe rotte, mangiavo le croste di pane [...]. Il Meschi mi mise in una specie di circolo anarchico per mangiare, ricordo, dieci lire al pasto costava, e sai, mi davan la minestra, e poi quei pesciolini piccoli con poi tutte le spine nella bocca [...]. Allora vista la situazione a Carrara, andai a Roma per vedere quelli di Giustizia e Libertà.
[...]

E allora Garosci mi disse, “ma sai noi non abbiamo ancora costituito niente, non abbiamo un soldo in tasca, come fare…”
Dico: ma insomma, bisogna trovare il modo. –Beh, apriremo una sottoscrizione e segretario di questo Comitato per la raccolta di questi fondi era un certo Pierleoni un ex comunista anticomunista poi anticomunista arrabbiato.
Di soldi non si riusciva a raccoglierne [...]

E io proprio ti assicuro non sapevo come fare.
E poi il marmo, grazie all’intervento del prof. Leo Gestri, che fu sindaco di Carrara, andammo con Gestri e con due altri, che erano ex di Giustizia e Libertà, andammo da un industriale Carlo Telara, che sembrava essere uno dei più aperti, al quale spiegai l’interesse della cosa, di dimostrare che il marmo poteva servire per questo nuovo genere di scultura, e anzi era forse il materiale più adatto.
Allora lui disse, guardi, io cercherò di interessare la collettività degli industriali, però se loro non ci stanno, glielo darò io. E fu molto generoso, perché a quel tempo un blocco di 24 tonnellate… Gli altri all’ultimo momento si ritirarono [...].

Il tempo passava. Io, va bene, nel frattempo misi a punto il bozzetto; poi a un certo momento lui disse: fra una ventina di giorni si può tirar fuori il blocco. Allora feci un viaggio, andai a Parigi anche là per parlare con questi del comitato di Parigi, per vedere se anche loro, insomma avessero o potessero raccogliere dei soldi perché gli operai bisognava pagarli.

Io non avevo mai lavorato il marmo, e fu una fatica immane [...]. Poi a quel tempo dipingevo piuttosto, perché non avevo la possibilità fare la scultura e poi il marmo m’era entrato veramente nella pelle. E insomma piano pianino mi riusci di portarlo a termine.

E prima della partenza (ho le fotografie) si face una cerimonia lì nello studio dei Nicoli con Parri e Ernesto Rossi, che vennero prima che il monumento partisse per la Francia.

Ma soldi niente. andai a Roma andai da Lionello Venturi, lui diede 100.000 lire anche Adriano Olivetti 100.000 lire e poi [...] tutti questi emigrati politici che avevano fatto la fame, tutti e dopo eran diventati deputati insomma incominciavano ad avere la vita buona, ma di tirar fuori… Anche per il loro compagno morto, caduto, insomma, quello aveva dato la vita, loro avevano dato la fame e non volevano continuare la fame, temevano che questi pochi soldi che avrebbero tirato fuori….

Tanto che io volevo dirigermi altrove, andare a parlare con Togliatti e con la CGIL e con Di Vittorio che avevo conosciuto nell emigrazione. E questo Pierleone si arrabbiò; assolutamente non vogliamo niente dai comunisti, eh, dicevo; “non vogliamo niente dai comunisti ma sai, la fame la faccio io, le difficoltà sono io che le ho per portare in fondo questo lavoro, dunque i soldi da qualunque parte vengano, tu del resto tu lo sai, tu sei un ex comunista, io sono ancora comunista, dunque io chiedo aiuto ai miei compagni; se te, se voi, non riuscite fra voi……

Che poi eran somme per quel tempo, a me sembrava… il monumento in tutto non è neanche costato 500.000 lire, capisci, è una cosa…

[...]
Il trasporto a Parigi, Ernesto Rossi l’ottenne dalle Ferrovie, credo, gratuitamente. E eravamo in Francia; il monumento arrivò a Parigi e da Parigi bisognava portarlo a Bagnoles-de-l’Orne, sono 230 chilometri press’a poco. Quando alla fine lo mettemmo sul piano di cemento cominciava a far notte.
Misero sul camion il monumento che era imballato [...]

Quando si riuscì a fare basculla dal camion che era molto alto, la stele andò giustamente nella battuta in cemento che era stata preparata prima. Il massese fu molto bravo si chiamava Andrei diresse lui l’operazione dal camion come lo si doveva mettere [...].

E poi cominciano a togliere l’imballaggio, che era di travi, molto grosse, la stele pesava 12 tonnellate. E ricordo la mia emozione: finalmente il monumento andò a posto, mi allontanai da tutte le parti e mi dissi, “credo non aver abagliato” Sai nel fondo anche la mia gioia, non so se fosse giustificata o no, ma insomma ho avuto l’impressione che la cosa andava, che avevo portato a termine questo compito non facile cominciava quasi gia a far buio.

Quando finalmente, il monumento andò a posto mi ritrassi per guardarlo poiché anch’io avevo un terribile timore pensando se fosse bene inquadrato perché lì c’erano degli alberi; cosa tiene di fronte ad un albero? – tutto sparisce!

Io avevo portato a termine questo compito, e poi, lo rividi 10 anni dopo, e non era invecchiato. Ecco perché, sai, queste forme invecchiano rapidamente, naturalmente esceno se vuoi, dalla matrice cubista, però le forme, almeno 10 anni dopo, resistevano ancora.

Dopo l’inaugurazione, il discorso,i vari discorsi, tutte le automobili ripartivano ed io quasi quasi, nessuno si occupava di me, io se non mi aggrappo all’ultima macchina che partiva, imanevo lì.
Ti assicuro mi prese come una spcie di scoramento, dicendo: guarda lo sforzo che ho fatto durante un anno, tutto questo, e poi son qui e no pensan neanche a prendermi in macchina per riportarmi a Parigi, ci devo andare a piedi?

Della stampa venne “Franc Tireur” venne qualche giornalista mio amico, gente che io conoscevo, e i giornali di provincia che ne parlarono dell’inaugurazione.

Ed il “Corriere della Sera” pubblicò in prima pagina la metà superiore, fu Borghese che lo pubblicò, avevo conosciuto Borghese.
[...]

Lionello Venturi non ha mai fatto un articolo sul monumento, però ogni volta che ebbe occasione lo ricordava, e in una delle tante volte che mi ha citato, c’è una frase che dice “quando ci si accorgerà in Italia che Signori è un importante scultore?”

E poi un’altra volta ancora ha scritto che ero un poeta artigiano e artigiano poeta, una bella frase e posso dire che proprio al seguito di quello che Venturi aveva scritto altri critici mi contattarono per scriverne.
Non ho mai sentito di attentati al monumento ai Rosselli; io avevo sempre paura di qualcosa perché la scritta < mort sous le poignard de la cagoule per ordre du gouvernement fasciste italien>….

Da una fotografia forse la scritta si può leggere. La scritta è stata anche poi rimaneggiata. C’è anche una lettera, dalla Francia “ti mandiamo la scritta definitiva che è stata anche vista, rimanegiata dalla signora Rosselli”.

 

La lettera di Fumič Kakinuma Signori
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LA MOSTRA ''SCULTORI ITALIANI A PARIGI''
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Il Monumento Signori
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Intervista a Severini
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Spiegazione monumento
Spiegazione monumento
Articolo Grimaldi
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